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Notizie dal 31° Congresso Nazionale SISA - 19 novembre

 

Il Prof. Federici (Roma) ha presentato, nella sessione su Diabete e aterosclerosi, evidenze su come il controllo della mortalità cardiovascolare nel paziente diabetico sia molto migliorata, ma nonostante questo esiste ancora un gap rispetto alla popolazione normale. Questo perché nonostante alcuni aspetti tipici della malattia diabetica, quali glucotossicità, stress ossidativo e insulino-resistenza, siano presenti anche nell’aterosclerosi, nel paziente diabetico non riguardano solo il distretto vascolare ma anche altri tessuti, e questo rende la situazione più complicata. E’ evidente che il controllo metabolico effettuato a partire dal momento della diagnosi ha un effetto importante nella prevenzione della mortalità cardiovascolare nel paziente diabetico. Un aspetto importante che emerge dagli studi è che alcuni interventi mirati alla riduzione della glicemia non si sono mostrati efficaci nel ridurre la mortalità CV nel paziente diabetico. L’ipotesi è che probabilmente va considerato il meccanismo d’azione attraverso cui agiscono questi farmaci. Ad esempio, l’insulino-resistenza può rappresentare un meccanismo di difesa e terapie che cercano di ridurre questo processo potrebbero quindi essere meno efficaci rispetto a più recenti approcci farmacologici che agiscono con meccanismi diversi.

 

La Prof.ssa Rivellese (Napoli) ha presentato il documento congiunto SISA-SID sui nutraceutici. Questo documento ha riportato evidenze sull’efficacia ipocolesterolemizzante e sulla sicurezza di alcuni nutraceutici basate su studi clinici e ha suggerito le categorie di pazienti che potrebbero beneficiare dell’utilizzo di questi composti. Gli aspetti più salienti riguardano l’efficacia della supplementazione della dieta con fibre, fitosteroli e riso rosso fermentato (il cui principio attivo è la monacolina K, strutturalmente identica alla lovastatina) nel ridurre i livelli di LDL-C; l’evidenza ottenuta dagli studi clinici per questi composti è elevata in quanto derivano da revisioni sistematiche di studi clinici randomizzati, che suggerisce un elevato livello di raccomandazione. I soggetti che potrebbero beneficiare dell’utilizzo di questi composti sono coloro che presentano ipercolesterolemia lieve o moderata e rischio CV non elevato, soggetti con intolleranze a più statine o pazienti che non raggiungono i livelli di LDL-C ottimali con il solo intervento farmacologico. Per altri nutraceutici i livelli di evidenza sono inferiori e quindi anche il tipo di raccomandazione è basso. Un caso a sé è la berberina che ha effetto ipocolesterolemizzante elevato che si accompagna anche a un significativo effetto ipoglicemizzante. Tuttavia, poiché gli studi clinici sono stati condotti esclusivamente su soggetti asiatici, non è possibile estrapolare i dati ad altri gruppi etnici e quindi sono necessari altri studi per poter dare una risposta definitiva sul suo possibile utilizzo.

 

Il Prof. Norata (Milano) ha affrontato il tema del legame tra immunità e aterosclerosi. Nella placca aterosclerotica sono presenti cellule del sistema immunitario innato (con risposta aspecifica ma rapida) e adattativo (con risposta specifica ma più lenta). Le cellule del sistema immunitario innato, specificamente monociti-macrofagi, internalizzano colesterolo; quando questo meccanismo di internalizzazione è deregolato, si attiva una risposta infiammatoria che ha come elemento centrale l’attivazione dell’inflammasoma NLRP3, un complesso sistema che porta alla produzione di IL-1ß. L’inibizione dell’inflammasoma riduce l’infiammazione e la placca aterosclerotica, e quindi ha un beneficio CV. D’altro canto, le cellule del sistema immunitario adattativo, specificamente linfociti T, possono reagire contro LDL presenti nella placca che subiscono anche minime modificazioni e che vengono quindi riconosciute come aut antigeni. A rinforzare il legame tra infiammazione e aterosclerosi i recenti risultati dello studio CANTOS, che ha valutato l’effetto di un anticorpo monoclonale contro IL-1ß in pazienti con precedente infarto del miocardico e alti livelli di CRP (marker d’infiammazione che però non ha effetto causale nell’aterosclerosi): si è osservata una riduzione significativa dell’infiammazione senza alcun effetto sui lipidi, e una riduzione significativa dell’end point CV primario (infarto del miocardio non fatale, ictus non fatale e morte CV: -15%). Effetto non sottovalutabile è l’aumento delle morti per infezioni fatale o spesi.

 

Il Prof. Manzato ha comunicato i nomi dei vincitori delle borse di studio SISA 2017 (Dott.ssa D. De Stefano, dott.ssa Y. Ferro, dott.ssa D. Palma e dott. L. Polito), la dott.ssa V. Ingrassia, a cui è stata assegnata la borsa "Andrea Mezzetti" 2017 ha presentato il progetto vincitore, infine M.L. Morieri e C. Barale hanno presentato i dati a conclusione dei loro rispettivi progetti di ricerca risultati vincitori delle borse SISA lo scorso anno.

 

Durante la tavola rotonda del Presidente, sono stati presentati alcuni dei più recenti aspetti derivanti da risultati dei trial clinici. Innanzitutto è stato ribadito il concetto di rischio residuo (Prof. M. Averna, Palermo), cioè il rischio CV che è presente nei pazienti trattati con la migliore terapia possibile. Questo è legato principalmente a 3 aspetti, cioè a un rischio residuo di tipo trombotico, di tipo infiammatorio, e di tipo lipidico. Sono stati presentati i risultati dello studio REVEAL (Prof. L. Calabresi, Milano): questo studio ha valutato l’effetto di anacetrapib, un inibitore della CETP, su parametri lipidici e eventi CV in pazienti con malattia aterosclerotica trattati con atorvastatina. I parametri lipidici sono nettamente migliorati, con significativo aumento di HDL-C e riduzione di LDL-C e non-HDL-C; l’incidenza di eventi CV è risultata significativamente ridotta, ma il beneficio sembra attribuibile alla riduzione di non-HDL-C più che all’aumento dei livelli di HDL-C. Rivaroxaban, un anticoagulante che ha una sicurezza superiore a warfarin, è stato testato da solo e in associazione con aspirina nello studio COMPASS in pazienti con malattia coronarica stabile (Prof. A. Corsini, Milano). L’associazione dei due farmaci riduce significativamente (-24%) l’incidenza di morte CV, ictus o infarto del miocardio; l’effetto è più elevato che con aspirina da sola, mentre rivaroxaban da solo non ha effetto cardiovascolare. Lo studio CANTOS su canakinumab è stato ripercorso ribadendo la possibilità di prevenire eventi CV trattando l’infiammazione (Prof. A. Zambon, Padova), come osservato con il trattamento con un anticorpo monoclonale contro IL-1ß. Infine è stato sottolineato (Prof. M. Arca, Roma) come, ai fini della malattia aterosclerotica, sia estremamente importante il tempo di esposizione a elevati livelli di colesterolo. Questa osservazione deriva da studi di randomizzazione mendeliana che hanno infatti evidenziato come l’esposizione a bassi livelli di colesterolo dalla nascita sia protettivo; d’altra parte, i soggetti con ipercolesterolemia familare sono esposti a elevati livelli di colesterolo dalla nascita, e hanno un rischio CV molto elevato, da qui la necessità di iniziare terapie ipocolesterolemizzanti il più precocemente possibile. Spesso gli interventi farmacologici mirati a ridurre LDL-C cominciano quando ormai il danno vascolare è instaurato. Un recente studio condotto su modello animale ha indicato la possibilità di realizzare un vaccino contro PCSK9 che potrebbe fornire un effetto ipocolesterolemizzante duraturo tramite un processo di immunizzazione attiva. Ovviamente sono necessari ulteriori studi prima di poter estrapolare questa osservazione nell’uomo.

 

 


 

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