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Notizie dal 32° Congresso Nazionale SISA - 25 novembre

 

 

Alimenti funzionali e nutraceutici nelle dislipidemie

Per dimostrare il reale effetto ipocolesterolemizzante dei nutraceutici occorre condurre degli studi randomizzati in doppio cieco. Il nutraceutico ipocolesterolemizzante più utilizzato è il riso rosso fermentato (RYR), che contiene monacolina K, a tutti gli effetti comparabile a lovastatina. L’effetto di riduzione atteso sarebbe del 15%, mentre le metanalisi mostrano una riduzione dei livelli di colesterolo pari al 25%, probabilmente dovuto alla presenza di più monacoline o al fatto che, somministrato sottoforma di riso rosso, la monacolina K è più biodisponibile. Naturalmente occorre prestare molta attenzione alla qualità del materiale di partenza per il rischio di presenza di citrinina che è nefrotossica. Un recente documento EFSA, che riporta 4 casi di rabdomiolisi in Europa in seguito a uso di RYR, non definisce comunque un’indicazione precisa per l’utilizzo di questo integratore. RYR non dovrebbe essere usato in combinazione con statine, mentre può essere somministrato con fitosteroli o con berberina. Quest’ultima pur a fronte di una bassa biodisponibilità orale, riduce i livelli di lipidi circolanti e modifica in modo favorevole la flora intestinale (microbiota).
L’utilizzo dei nutraceutici si può inserire in un contesto di intervento di efficacia moderata ma precoce, che può risultare più efficace di un intervento più intensivo ma tardivo come documentato dagli studi di genetica.

I nutraceutici ad attività ipocolesterolemizzante si inseriscono anche nel contesto dell’intolleranza alle statine, definita con presenza di eventi muscolari avversi in seguito a trattamento con due o più statine, scomparsa degli effetti alla sospensione e ricomparsa dopo re challenge con statina. È noto che vari fattori di rischio aumentano la possibilità di effetti collaterali legati alle statine. Esistono discrepanze tra i dati riportati nei trials clinici e i numeri riportati negli studi osservazionali, legate prevalentemente alla selezione dei soggetti negli studi randomizzati. D’altra parte esiste anche un effetto nocebo, ossia l’effetto collaterale correlato allo stato di conoscenza dell’assunzione del farmaco. In questi soggetti possono essere usati i nutraceutici, soprattutto RYR e berberina, che inducono riduzione di LDL-C del 20%. Risultati di meta-analisi indicano che questi integratori riducono l’incidenza di dolori muscolari in soggetti intolleranti alle statine. Come suggerito anche dalle più recenti linee guida europee, questi nutraceutici sono indicati in soggetti a basso rischio cardiovascolare, o con eventi avversi alle statine o, infine, in pazienti che rifiutano il trattamento con statine.

 

 

L’arteriopatia obliterante periferica

Il paziente con malattia periferica (PAD) è un soggetto ad alto rischio cardiovascolare. Il trattamento farmacologico in questi pazienti deve essere volto non solo a prevenire gli eventi cardiovascolari ma anche gli eventi agli arti inferiori. La terapia anti-trombotica anti-aggregante riesce a ridurre circa del 20% il rischio residuo di questi pazienti già in terapia ipocolesterolemizzante ottimale, anche se aumenta il rischio di emorragie e non sembra esserci effetto sulla mortalità cardiovascolare. Il beneficio è evidente soprattutto nei pazienti sintomatici.
Questi pazienti possono essere trattati efficacemente anche con le statine, che riducono incidenza di amputazione o peggioramento della PAD e riducono anche il rischio cardiovascolare. Lo studio FOURIER ha dimostrato che anche il trattamento con anticorpo anti-PCSK9 è efficace in pazienti con PAD senza pregresso ictus o infarto del miocardio.

 

 

Medicina di precisione e prevenzione dell’aterosclerosi

Nonostante il ruolo delle statine nella prevenzione degli eventi cardiovascolari, e nonostante l’introduzione degli anticorpi anti-PCSK9, il rischio cardiovascolare residuo resta ancora alto. Identificare nuovi target terapeutici può aiutare a ridurre questo rischio residuo. Tra i nuovi farmaci in fase 3 o in fase di registrazione si possono inserire l’acido bempedoico, il pemafibrato e gli inibitori di ANGPTL3. L’acido bempedoico è un inibitore della citrato liasi (enzima coinvolto nella via del colesterolo ma anche degli acidi grassi). L’attivazione del farmaco avviene solo nel fegato e non nel muscolo, quindi potrebbe essere un metodo vantaggioso. Il pemafibrato agisce su PPAR e riduce significativamente i livelli di trigliceridi; è in corso un trial registrativo. ANGPTL3 può essere inibito sia tramite anticorpo monoclonale (che riduce i TG fino a 60-70%, ma anche LDL-C circa del 20%), sia tramite tecnologia antisenso, che riduce i TG e migliora il profilo lipidico.

Un altro concetto importante è che in termini di placca aterosclerotica, è rilevante non tanto la sua estensione, quanto la qualità della placca stessa. Infatti la placca può andare incontro a processi di fessurazione o di erosione, che hanno alla base meccanismi completamente diversi e quindi determinano la possibilità di una terapia farmacologica di funzionare o meno. Ad esempio la placca aterosclerotica che va incontro a fissurazione può beneficiare della terapia antiinfiammatoria, come evidenziato nello studio CANTOS, in cui il trattamento con canakinumab, che riduce IL1ß, migliora gli outcomes cardiovascolari in pazienti con pregresso infarto del miocardio. In caso erosione della placca, i target farmacologici sono completamente diversi.

 

 

Lipidologia ed aterosclerosi

L’epidemiologia ha stabilito che bassi livelli di HDL-C sono correlati ad elevato rischio cardiovascolare. Il recente Studio Copenhagen, mostrando una relazione a “U” tra i livelli di HDL e rischio cardiovascolare, ha confermato le osservazioni epidemiologiche, ma ha anche suggerito che aumentare troppo i livelli di HDL-C non solo non conferisce protezione cardiovascolare ma addirittura può essere dannoso. Questo è vero anche per la mortalità per tutte le cause, infarto del miocardio e malattia ischemica, così come per mortalità per cancro o per altre cause, e per malattie infettive. Gli studi di randomizzazione mendeliana hanno stabilito che l’aumento delle HDL su base genetica non determina beneficio in termini di eventi cardiovascolari. I trials clinici con inibitori di CETP non hanno dimostrato che l’aumento dei livelli plasmatici di HDL-C determini una protezione cardiovascolare, con l’eccezione dello studio REVEAL, in cui però l’effetto è attribuibile alla riduzione osservata dei livelli di LDL-C ed apo B. I farmaci che ne aumentano i livelli tendono ad aumentare dimensioni delle HDL, rendendole meno funzionali. Questo sembra essere confermato dall’osservazione che soggetti con LCAT-deficiency, che hanno HDL-C ridotto, hanno anche ispessimento carotideo normale o ridotto, forse grazie alla presenza di HDL più piccole e funzionali.

Il tessuto adiposo può avere un ruolo rilevante nel produrre citochine pro-infiammatorie nei soggetti obesi, che sono soggetti ad aumentato rischio cardiovascolare. Ma il tessuto adiposo è presente in due forme principali, il bianco e il bruno. Molti studi hanno suggerito che il fenomeno di “browning” del tessuto adiposo bianco (che ha elevata predisposizione ad attrarre macrofagi pro-infiammatori) può essere considerato un approccio importante per riprogrammare il metabolismo energetico. Per trattare obesità non esiste una vera e propria terapia farmacologica efficace (si usano orlistat o soppressori dell’appetito), o chirurgia bariatrica ma solo per BMI molto elevato. Un approccio interessante sembra essere quello con gli inibitori delle istone deacetilasi (HDAC).

La lipidomica è una branca dello studio dei lipidi estremamente complessa, dato l’elevato numero lipidi e la complessità delle loro funzioni. Ancora più complessa è la lipidomica della placca; qui si ha accumulo di esteri del colesterolo ma anche lisofosfatidilcolina, fosfatidilcolina e sfingomielina. Il contenuto di lipidi ne plasma può essere indicativo del contenuto lipidico della placa? Placche con core necrotico importante hanno presenza di particolari ceramidi, molecole complesse con molte molte funzioni fisiologiche. Nella placca hanno effetto su proliferazione e infiammazione, soprattutto nell’endotelio. Potrebbero essere un marker? Una molecola studiata è PLPP3, enzima con diversi target. Eliminando PLPP3 a livello epatico nel topo l’incidenza di aterosclerosi aumenta. Potrebbe quindi essere considerato un nuovo target; uno studio con un anticorpo anti-PCSK9 ha mostrato una riduzione di queste ceramidi. Questi dati suggeriscono che la lipidomica potrebbe essere un tool per selezionare pazienti ad alto rischio cardiovascolare e identificare nuovi target farmacologici.

 

 

Inaugurazione del Congresso e presentazione delle Borse SISA

In apertura del congresso il Prof. C. Borghi ha portato il saluto delle autorità e con il Prof. D'Addato ha ricordato la figura del Prof. G. Descovich. Il Prof. Manzato ha comunicato che la borsa "Andrea Mezzetti" 2018 è stata assegnata alla dott.ssa Fabrizia Bonacina. I vincitori delle borse SISA 2016, M. Busnelli e M.P. Adorni, hanno presentato i dati a conclusione dei loro rispettivi progetti di ricerca. 
Infine il Presidente del Gruppo Italiano Pazienti FH (GIP-FH) ha presentato le attività svolte, invitando i responsabli dei centri di lipidologia a sensibilizzare i pazienti riguardo l'associazione e l'importanza di farne parte.

 

 

Novità in ambito cardiovascolare

È stato recentemente pubblicato lo studio REDUCE-IT che ha mostrato che il trattamento con EPA riduce significativamente gli eventi cardiovascolari in pazienti già in trattamento con statuine ma livelli di trigliceridi elevati e altri fattori di rischio.

È stato generato un polygenic risk score per poter identificare soggetti che presentano un elevato rischio cardiovascolare, non distante da quello che caratterizza i soggetti con FH, ma con una prevalenza maggiore rispetto a quella degli FH. Aggiunto ad altri fattori di rischio aumenta la predizione del rischio stesso e permette di identificare e trattare precocemente questi soggetti, con trattamento personalizzato e aumento dell’aderenza al trattamento.

È stata identificata una variante nel gene LIMA1 associata a ridotti livelli di LDL-C e  ipobetalipoproteinemia. Questa variante ha un codone di stop prematuro che risulta nella produzione di una proteina tronca; i livelli di Ldl-c negli etetozigoti sono intorno a  50 mg/dl ma non ci sono variazioni nei livelli di TG e HDL. Questi soggetti hanno un difetto nell’assorbimento del colesterolo intestinale. Un’altra variante per sostituzione di un singolo aminoacido risulta in un aumento del turnover della proteina. Questa proteina sembra essere importante nel trafficking e quindi nell’attività della proteina NPC1L1 a livello intestinale, proteina coinvolta nell’assorbimento del colesterolo a livello intestinale.

Proteine ASTER sono molto conservate in tutte le specie. Nel topo esistono 3 isoforme con distribuzione tessuto specifica. Il dominio aster lega il colesterolo esterificato con alta affinità. In presenza di colesterolo si localizza nella membrana plasmatica; in assenza di aster, nel topo non è presente colesterolo essere nelle ghiandole surrenali. L’assenza di asterA aumenta espressione di enzimi coinvolti nella sintesi di colesterolo e riduce l’espressione di ABCA1. L’ipotesi è che ci sia un coinvolgimento di aster nell’aterosclerosi.

 

 

 

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