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Notizie dal 32° Congresso Nazionale SISA - 27 novembre

 

 

Cellule progenitrici circolanti e proteoglicani

Le cellule progenitrici circolanti (CPC), caratterizzate come CD34+, sono più elevate in soggetti con ipertensione, mentre nei fumatori o in soggetti con malattie infiammatorie croniche hanno livelli più bassi rispetto ai controlli sani. Molti fattori possono modulare il numero di CPC. Alcuni studi hanno mostrato che la terapia con CPC può ridurre il danno vascolare, ma ad oggi non c’è ancora consenso su questo argomento. È possibile ipotizzare l’utilizzo della conta assoluta di CPC come biomarcatore.
Altri componenti considerati rilevanti sono i proteoglicani, in particolare il biglicano, che ha mostrato una correlazione con danno ateromasico. La sua espressione aumenta in determinate condizioni; ad esempio nei soggetti ipertesti si è osservata aumentata espressione di biglicano monociti. Biglicano sembra essere coinvolto nel legame con le LDL, favorendo la loro modificazione nella parete vasale, ma si è ipotizzato che possa funzionare anche come segnale a distanza. Sono tuttavia necessari altri studi per verificare la possibilità di utilizzarlo come biomarcatore.

 

 

Le ipertrigliceridemie ed il rischio cardiovascolare

La correlazione tra livelli di trigliceridi (TG) e rischio cardiovascolare è ancora controverso. Tuttavia, diversi studi hanno stabilito che varianti geniche associate ad aumento dei livelli di TG aumentano il rischio cardiovascolare del 50%, mentre mutazioni loss-of-function di ANGPTL3, associate a ridotti livelli di TG, riducono anche il rischio di eventi cardiovascolari. All’aumentare dei livelli di TG cambia la qualità delle lipoproteine e aumentano i livelli dei remnants. L’ipertrigliceridemia, in combinazione con la presenza di bassi livelli di HDL-C, è associata al cosiddetto rischio cardiovascolare residuo. I livelli di TG a digiuno predicono il rischio di evento ricorrenti in pazienti dopo sindrome coronarica acuta (ACS) in trattamento con statine; l’incidenza cumulativa di eventi ricorrenti è tanto maggiore quanto più alti sono i valori TG, sia in acuto (subito dopo ACS) che a lungo termine.
Lo studio TG REAL è uno studio osservazionale retrospettivo, che ha valutato pazienti caratterizzati in base ai livelli di TG e classificati come normali, elevati o molto elevati. Dopo un follow-up mediano 38 mesi, l’1,6% dei soggetti ha avuto un evento ASCVD. Livelli moderatamente elevati di TG aumentano il rischio cardiovascolare, che risulta ancora più alto nel gruppo con livelli di TG molto elevati. Anche il rischio di mortalità per tutte le cause aumenta all’aumentare dei livelli di TG. Questi risultati, nonostante i limiti dello studio (valori di TG ottenuti da laboratori diversi e in modo retrospettivo, fattori di rischio valutati solo al basale) sono importanti perché provengono da una popolazione a rischio cardiovascolare medio-basso.

La riduzione dei livelli di TG può essere ottenuta con diversi approcci, tra cui interventi sulla dieta, riduzione dell’assunzione di alcol, aggiunta di integratori quali gli omega-3. Diversi studi hanno mostrato un effetto positivo del trattamento con omega-3 per ridurre i livelli di TG e eventi cardiovascolari. Il recente studio REDUCE-IT, che ha valutato l’effetto di 4g di EPA verso placebo in pazienti con malattia cardiovascolare o diabete o altri fattori di rischio, TG compresi tra 150 e 500 mg/dL e LDL-C tra 40 e 100 mg/dL. Dopo un follow-up mediano di 4.8 anni, si è osservata una riduzione del 25% nell’endpoint primario (composito di morte CV, infarto e ictus non fatali, rivascolarizzazione coronarica o angina instabile).
Gli omega-3 hanno diversi effetti biologici, tra cui la capacità di ridurre il rimodellamento ventricolare sinistro post-infarto del miocardio. Lo studio OMEGA-REMODEL ha mostrato che il trattamento con omega-3 in questi pazienti impatta favorevolmente i parametri di rimodellamento. Gli omega-3 hanno anche effetti anti-aritmici e riducono morte improvvisa post-evento acuto. Infine, omega-3 in combinazione con una statina stabilizza la placca. I vari effetti hanno però tempistiche differenti, in quanto come anti-aritmici funzionano già dopo poche settimane, mentre gli effetti sui lipidi richiedono dosi più elevate e tempi più lunghi di trattamento.

Alcuni studi hanno tuttavia riportato un effetto neutro degli omega-3, quali ad esempio il recente studio ASCEND condotto (1 grammo) nei diabetici, o quelli condotti in soggetti in prevenzione primaria. Queste osservazioni suggeriscono che gli omega-3 sono indicati per categorie specifiche di pazienti e il dosaggio deve essere scelto in base all’effetto che si vuole osservare.

 

 

Target LDL e sostenibilità

È ormai stabilita la relazione lineare tra livelli di LDL-C e rischio cardiovascolare. I portatori di varianti geniche associate a bassi livelli di LDL-C hanno un ridotto rischio CV; stesse evidenze vengono dai trials clinici condotti con terapie ipocolesterolemizzanti. Le linee guida attuali raccomandano almeno una riduzione del 50% dei livelli di LDL-C rispetto al basale; in base al rischio individuale del paziente, il primo approccio farmacologico si basa sulle statine, a cui può essere aggiunta ezetimibe, ed eventualmente inibitori di PCSK9. Indicazioni simili si ritrovano nelle linee guida statunitensi, che hanno posto l’accento sulla combinazione statine+ezetimibe che nella versione precedente non era particolarmente incoraggiata. Nonostante le statine funzionino sia in prevenzione primaria che secondaria con correlazione lineare tra riduzione dei livelli di LDL-C e riduzione del rischio, i pazienti che raggiungono il target sono solo il 30%; inoltre, alcuni pazienti rispondono molto meno di altri alla terapia statinica e questo si riflette in un effetto inferiore sull’incidenza di eventi CV. Questo effetto è stato osservato anche con gli inibitori di PCSK9 in monoterapia, ed è un effetto tipico delle monoterapie, mentre le combinazioni di farmaci ipocolesterolemizzanti sembrano indurre risposte più omogenee. L’associazione statina+ezetimibe combina due meccanismi d’azione diversi ed è efficiente in tutti i sottogruppi di pazienti dislipidemici; è efficace e sicura anche in soggetti che raggiungono livelli di LDL-C molto bassi, e dimostra che raggiungere livelli molto bassi di LDL-C riduce ulteriormente il rischio CV. Il beneficio si osserva soprattutto nei pazienti ad alto rischio. Gli studi FOURIER e ODYSSEY OUTCOMES hanno mostrato che gli inibitori di PCSK9 aggiunti alla terapia con statina riducono significativamente gli eventi CV.

 

 

Placca carotidea e malattia cerebrovascolare

È evidente un ruolo delle malattie CV come background patofisiologico per alcune malattie cerebrali, quali ictus e demenza. Alterazioni in alcune zone cerebrali, note come white matter hyperintensities (WHM), sono interessanti perché aumentano con l’età e sembrano avere una rilevanza prognostica per ictus, demenza e mortalità. Alcuni fattori di rischio CV, quali l’ipertensione, si associano a WHM. Anche l’aterosclerosi carotidea, misurata come cIMT, sembra essere associata a aumentato WHM. Una metanalisi ha mostrato che in soggetti con placca carotidea la presenza di queste aree è maggiore.

 

 

Nuovi target farmacologici nel controllo delle dislipidemie

L’apoCIII presenta 3 isoforme caratterizzate da diverso numero di residui di acido sialico, è sintetizzata prevalentemente nel fegato, induce la secrezione di VLDL e chilomocroni, e inibisce l’attività della lipoproteina lipasi. L’aumento dei livelli di apoCIII aumenta i livelli di lipoproteine ricche in TG. Varianti geniche del gene che codifica per apoCIII hanno impatto sul profilo lipidico; ad esempio, una variante rara null determina un profilo lipidico favorevole, apparente protezione CV e ridotta lipemia postprandiale. Mutazioni loss-of-function di apoCIII inducono riduzione dei livelli di TG e protezione CV. Queste mutazioni possono avere effetto sul colesterolo-remnant, che mostra una riduzione del 43% a fronte di una modesta riduzione dei livelli di LDL-C del 3%. Tutte queste osservazioni hanno indicato apoCIII come target terapeutico.

FCS è una malattia monogenica caratterizzata da persistenza di chilomocroni circolanti e con manifestazione di episodi ricorrenti di pancreatite acuta. In questi soggetti i livelli di TG non possono essere modulati con normale terapia. ApoCIII è il target per il trattamento di questa patologia. Studio APPROACH è uno studio di fase 3 che ha valutato l’effetto di volanesorsen, un oligonucleotide antisenso anti-apoCIII. L’endpoint primario era la variazione dei livelli di TG dopo 13 settimane di trattamento. A 3 mesi si è osservata una riduzione dei livelli di TG pari al 67%. Dopo 52 settimane, sia apoCIII che i TG erano ancora ridotti. Alcuni pazienti hanno subito aggiustamenti della dose con somministrazione a settimane alterne e hanno mostrato riduzioni pari al 50% contro 80% del gruppo senza aggiustamento della dose. Un’alta % di pazienti raggiunge il target dei TG. Nei pazienti ad alto rischio con pregressi episodi di pancreatite, volanesorsen riduce incidenza pancreatite. Non si è osservato nessun evento avverso cardiaco o epatico. Numerosi pazienti hanno avuto riduzione della conta piastrinica, risolta con la sospensione del trattamento.

Lp(a), una forma di LDL associata all’apoproteina apo(a), è considerato un fattore di rischio CV indipendente. Esistono diverse isoforme, e i livelli plasmatici di Lp(a) sono geneticamente determinati. Si è stabilito per questa lipoproteina un cutoff pari a 50 mg/dl. Non è ancora chiaro se la sintesi e l’assemblaggio di Lp(a) avvengano nel comparto intracellulare oppure in circolo. Anche il catabolismo di questa lipoproteina è ancora da chiarire , anche se i risultati di molti studi suggeriscono un ruolo chiave del recettore epatico delle LDL. Lp(a) è aterotrombotica a causa della sua omologia strutturale con il plasminogeno. Alti livelli di Lp(a) si associano a maggior rischio CV e stenosi valvolare aortica.
Diversi farmaci ipocolesterolemizzanti riducono i livelli di LDL-C senza ridurre i livelli di Lp(a); gli inibitori di PCSK9 sembrano ridurre i livelli di Lp(a). Al momento è in corso di valutazione l’effetto un oligonucleotide antisenso.

 

 

 

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