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Il diabete, è noto, è un potente fattore di rischio cardiovascolare. Anche la sindrome metabolica, vera sindrome o piuttosto insieme di vari fattori di rischio, è associata ad un aumento del rischio cardiovascolare, sebbene meno grave che nel diabete. Su 3459 pazienti con malattia coronarica stabilita, quelli con diabete presentavano all'indagine ultrasonografica endovascolare, un'estensione di aterosclerosi maggiore di quella rilevabile nei pazienti con sindrome metabolica e nei pazienti cardiopatici non diabetici e senza sindrome metabolica. Anche l'evoluzione della malattia coronarica era più accelerata nei diabetici che nei pazienti con e senza sindrome metabolica. Di interesse è che i diabetici, nonostante la maggiore estensione di lesioni coronariche e la maggiore progressività, avevano un numero di fattori individuali di rischio più basso di quello che si osservava nei pazienti con sindrome metabolica. La concomitante presenza nei diabetici dei criteri di definizione della sindrome metabolica non rendeva peggiore né il quadro coronarico di base né la sua evoluzione, rispetto ai diabetici senza sindrome metabolica. Il diabete sembra dunque esercitare il suo effetto pro-aterogeno con un meccanismo proprio che si aggiunge a quello dei classici fattori di rischio, quali ipertensione e dislipidemia che sono spesso presenti nel diabete.
Diabetes mellitus (DM) and metabolic syndrome (MS) are associated with adverse cardiovascular outcomes. However, the extent and progression of coronary atherosclerosis for these conditions have not been directly compared. Three thousand four hundred fifty-nine patients with coronary artery disease underwent serial evaluation of atheroma burden by intravascular ultrasound. Patients with DM, MS, or neither diagnosis were compared with regard to plaque burden, progression, and arterial remodeling. Among the 3 groups, patients with MS had the largest number of individual cardiovascular risk factors. Patients with DM demonstrated more extensive atherosclerosis burden with a greater percent atheroma volume compared to patients with MS or those with neither diagnosis (40.3 +/- 9.0%, 37.6 +/- 8.9%, and 38.1 +/- 9.1%, p <0.001) and total atheroma volume (198.3 +/- 85.9, 190.7 +/- 85.0, and 186.3 +/- 79.1 mm(3), p = 0.05). MS compared to neither diagnosis was accompanied by expansion of the external elastic membrane (501.3 +/- 174.3 vs 484.4 +/- 160.7 mm(3), p = 0.02), whereas DM was associated with lumen constriction (290.6 +/- 111.7 vs 298.1 +/- 105.5 mm(3), p <0.0001). On serial evaluation, DM, but not MS, was associated with greater progression of percent atheroma volume compared to neither diagnosis (+0.8 +/- 0.3, +0.3 +/- 0.2, and +0.1 +/- 0.2%, p <0.0001) and total atheroma volume (-1.0 +/- 1.8, -3.3 +/- 1.8, and -4.0 +/- 1.8 mm(3), p = 0.001). Meeting criteria for MS was not associated with greater disease progression in patients with DM. In conclusion, despite having fewer individual risk factors, DM is associated with greater plaque progression and more constrictive remodeling than MS. This finding highlights the deleterious effects of DM on the arterial wall independent of its associated metabolic abnormalities.
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