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Sergio D'Addato - Dipartimento di Medicina Interna, dell'Invecchiamento e Malattie Nefrologiche, Università di Bologna - Ospedale S. Orsola Malpighi, Bologna
L'utilizzo di statine ad alta efficacia è senza dubbio una prerogativa che il medico può sfruttare, in particolare in quei pazienti che per gli alti livelli di LDL-c di partenza difficilmente riescono a raggiungere il target terapeutico con le statine di 1° livello. La Pitavastatina è una statina considerata ad alta efficacia in ragione dei bassi dosaggi con cui viene utilizzata e dell'efficacia in termini di riduzione di LDL-c. In genere il dosaggio utilizzato è tra 1 e 2 mg/die, questo comporta una riduzione della LDL-c, a seconda degli studi, di circa il 35 il 40 %. Nello studio PATROL (Pitavastatin, Atorvastatin, Rosuvastatin for safety and Efficacy (quantity and quality of LDL) sono state confrontate, in una popolazione giapponese di 302 soggetti, tre diverse statine ad alta efficacia: Atorvastatina (A) 10 mg vs Rosuvastatina (R) 2,5 mg, vs Pitavastatina (P) 2 mg. Lo studio considera in particolare l'efficacia in termini di riduzione quantitativa e qualitativa del LDL-c e il profilo di tollerabilità delle tre statine. Il confronto non dimostra significative differenze in termini di efficacia, in particolare dimostra una non inferiorità della P vs A o R e di R vs A nei dosaggi utilizzati. Non vi sono differenze significative nella riduzione di LDL-c (A -44%, R -42%, P -41%) e delle sub frazioni. Tutte le statine permettono, ai dosaggi utilizzati, di raggiungere il target terapeutico, per le Linee guida giapponesi, in una percentuale compresa tra l' 85% (R) ed il 90% (A) senza differenze significative tra i tre trattamenti. R dimostra un significativo incremento di HDL (+4%) non rilevato per A e per P. Vi è una riduzione significativa di PCR nei trattati con A e P. Anche il profilo di tollerabilità è paragonabile ed è giudicabile ottimo per tutte e tre le statine. Rilevabile è un maggior aumento di ALT per A ed un incremento significativo della emoglobina glicosilata per A e per R ma non per P. L'emoglobina glicosilata si mantiene comunque nei limiti della norma e l'aumento non si conferma nei pazienti diabetici, che, peraltro, sono più numerosi nei gruppi di trattati con A e R. A e R determinano una riduzione significativa dell'acido urico non rilevata per P. E' stata analizzata anche la comparsa di eventuali effetti collaterali in relazione all'assunzione di terapie concomitanti. Tutte e tre le statine hanno dimostrato un maggior numero di effetti collaterali nei soggetti che assumevano altre terapie (in particolare antipertensivi, diuretici e ipoglicemizzanti orali) rispetto a quelli che assumevano solo la terapia in studio. Lo studio ha varie limitazioni: è in aperto, la dose utilizzata di A e R non è quella in genere utilizzata nei soggetti occidentali, mentre la dose di P (2 mg) è considerata ottimale anche per i soggetti occidentali. Lo studio è breve (16 settimane), quindi la tollerabilità valutata è considerabile " in acuto". Per altro in uno studio post marketing di più lunga durata (104 settimane), in cui si utilizzava P al dosaggio di 2 mg e in una piccolissima percentuale (1,6%) al dosaggio di 4 mg, sempre in orientali, la P è risultata ben tollerata (1). Pitavastatina appare quindi un'ulteriore possibilità offerta al medico per ridurre i livelli di LDL-c se non altro nei pazienti che ne richiedono un'importante riduzione e comunque rappresenta una valida alternativa nella eventuale comparsa di effetti collaterali con altre statine.
Pitavastatin: clinical effects from the LIVES Study
Teramoto T.
Atheroscler Suppl 2011;12:285-8
Randomized head-to-head comparison of pitavastatin, atorvastatin, and rosuvastatin for safety and efficacy (quantity and quality of LDL): the PATROL trial
Saku K, Zhang B, Noda K; PATROL Trial Investigators.
Circ J 2011;7:1493-505
Bologna, 1-3 dicembre 2024
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