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Associazione dei livelli di LDL Colesterolo, Non-HDL Colesterolo e apolipoproteina B con il rischio di eventi cardiovascolari in pazienti trattati con statine. Una meta-analisi

Carlo M. Barbagallo - Dipartimento di Medicina Interna e Specialistica (DI.M.I.S.), Università degli Studi di Palermo

 

La terapia con statine resta un cardine del trattamento ipolipemizzante ma soprattutto della prevenzione cardiovascolare. Le linee guida internazionali inoltre sottolineano l'importanza dei livelli di LDL-colesterolo come obiettivo terapeutico principale nella terapia. Purtuttavia le statine, aldilà della riduzione delle LDL, possono indurre altre modificazioni lipoproteiche ed è importante capire quali possano essere i parametri che meglio sono in grado di quantificare la riduzione del rischio cardiovascolare. In particolare l'apoB e le lipoproteine che contengono questa proteina (che comprendono, ma non solo, le LDL) sono elementi che hanno ruoli essenziali nella patogenesi dell'aterosclerosi e quindi la loro riduzione può essere implicata anche nei meccanismi protettivi delle statine stesse. Un valido parametro in grado di esprimere i valori plasmatici di lipoproteine contenenti apoB è rappresentato dal non HDL-colesterolo, che è costituito dall'intero pool plasmatico di colesterolo cui si detrae la componente legata alle HDL in modo da quantificare la quota veicolata dalle lipoproteine ricche in trigliceridi (VLDL ed IDL) insieme alle LDL; questo parametro, dimostrato essere un fattore di rischio "emergente" da studi prospettici, rappresenta secondo le linee guida attuali un target secondario da raggiungere nella prevenzione cardiovascolare di soggetti con trigliceridi elevati. La meta analisi di Boekholdt e coll. parte da questi presupposti, e si prefigge di confrontare il ruolo di apoB e del non-HDL colesterolo con quello di LDL-C nella predizione del rischio cardiovascolare di una larga popolazione di soggetti trattati con statine, ma anche se la riduzione di questi parametri fosse in grado di spiegare meglio rispetto alla riduzione di LDL-C gli effetti protettivi di questi farmaci. Per far questo hanno analizzato studi di intervento con statine, indipendentemente di prevenzione primaria o secondaria, che avessero un follow-up superiore a 2 anni con un numero di soggetti non inferiore a 1000 ma soprattutto che fornissero i dati relativi al profilo lipidico completo (colesterolo, trigliceridi, HDL-C, LDL-C e apoproteine) all'inizio e durante il follow-up. Alla fine del processo di selezione, sono stati individuati 8 studi che rispettavano i criteri di selezione (4S, AFCAPS-TexCAPS, LIPID, CARDS, TNT, IDEAL, SPARCL e JUPITER) per un totale di 62,154 soggetti, di 38153 allocati nel braccio di trattamento con statine. La prima risposta ottenuta era che il valore predittivo di non HDL-C era significativamente superiore rispetto a LDL-C e apoB (che non differivano peraltro tra di loro); questo risultato era indipendente dalle caratteristiche basali e quindi si distribuiva in maniera analoga in relazione al sesso, al peso corporeo, all'abitudine al fumo o alla presenza di diabete o CHD ma anche ai valori lipidi iniziali. L'altro elemento sostanziale rilevato era che il raggiungimento dell'obiettivo terapeutico di non HDL-C (< 130 mg/dl) "pesava" di più rispetto al raggiungimento del target di LDL-C (< 100 mg/dl), ma soprattutto che le modificazioni indotte dalle statine sui livelli di LDL-C ed apoB spiegavano una quota inferiore di eventi rispetto alle modificazioni di non HDL-C (rispettivamente 50% e 54% vs. 64%) ed anche questo dato, almeno per quanto riguarda il confronto non HDL-C vs. LDL-C era statisticamente significativo (p< 0.001). Ovviamente la conclusione degli autori era che il parametro più appropriato sia nella predizione del rischio che nella valutazione dell'efficacia preventiva della terapia con statine era rappresentato non tanto dai livelli di LDL-C quanto dal non HDL-colesterolo.
Questo studio fornisce utili spunti di valutazione da trasferire alla clinica. La valutazione del non HDL-colesterolo nella gestione del profilo lipidico è un elemento semplice, già definito dalle linee guida (anche se esclusivamente in sottocategorie di soggetti), costantemente "propagandato" dagli specialisti, ma praticamente mai implementato nella pratica giornaliera. Eppure una tale, rapida valutazione, è in grado di fornire informazioni indirette su una serie di lipoproteine (in particolare i remnants e le IDL), non dosabili routinariamente ma estremamente connesse con i processi aterogeni. La prevenzione cardiovascolare per essere valida deve utilizzare strumenti semplici, poco costosi, di comprovata efficacia ma soprattutto disponibili capillarmente sul territorio. La valutazione del non HDL-colesterolo rispetta tutti questi requisiti e ci si aspetta, attraverso analisi e valutazioni come quella presentata, ma anche mediante ulteriori dati scientifici, che il suo ruolo venga rafforzato dalle prossime linee guida e che possa avere un utilizzo pratico sempre crescente.

 

Association of LDL cholesterol, non-HDL cholesterol, and apolipoprotein B levels with risk of cardiovascular events among patients treated with statins: a meta-analysis
Boekholdt SM, Arsenault BJ, Mora S, Pedersen TR, LaRosa JC, Nestel PJ, Simes RJ, Durrington P, Hitman GA, Welch KM, DeMicco DA, Zwinderman AH, Clearfield MB, Downs JR, Tonkin AM, Colhoun HM, Gotto AM Jr, Ridker PM, Kastelein JJ.
JAMA 2012; 307:1302-1305


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