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Varianti geniche associate con la lunghezza telomerica e il processo aterosclerotico

Baragetti Andrea - Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari - Università degli Studi di Milano

 

I telomeri sono sequenze di DNA che si ripetono a tandem (TTAGGG) per migliaia di basi lungo le estremità cromosomiche; la loro stabilità è garantita, durante l'intero ciclo vitale della cellula, da specifici complessi proteici (shelterin complexes). I telomeri sono comunemente conosciuti come gli "orologi cellulari"; infatti è noto che essi si "accorciano" ad ogni divisione e questo a causa della DNA polimerasi che può operare, durante la replicazione, soltanto in direzione 5' → 3'. Perciò, al termine del filamento con direzione opposta si forma un "lack" non trascritto e, giunti a una lunghezza telomerica critica, si attivano segnali di senescenza cellulare e apoptosi [1, 2]. Tuttavia, la natura ha fornito una soluzione per ovviare al problema, come fu scoperto da studi sperimentali su protozoi ciliati del genere Tetrahymena thermophila, circa 25 anni fa [3]. L'oloenzima della telomerasi, infatti, agendo come una trascrittasi inversa, ricopre il vuoto e previene l'accorciamento del telomero. È noto da molto tempo che mutazioni su geni che codificano per componenti del complesso telomerico e della telomerasi sono associate all'insorgenza, spesso in età prematura, di "malattie da telomeri". Esempi chiari [4] sono le malattie progeroidi (sindrome di Hutchinson-Gilford), l'anemia aplastica e la deficienza cerebellare infantile (sindrome di Hoyeraal-Hreidarsson); mentre è noto che il 20% dei pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica è portatore di mutazioni sui geni della telomerasi. È importante sottolineare che in queste rare patologie la carenza dei comuni players circolanti immunitari (cellule B, T e natural killer) è un tratto fenotipico ricorrente [5]. Tuttavia studi in vitro e su modelli animali hanno dimostrato che, mentre nei tessuti ad alto turnover l'intensa attività replicativa è per se un fattore causale di danneggiamento del DNA, in quelli a lento turnover, d'altro canto, l'esposizione cronica a fattori epigenetici è alla base della disfunzione telomerica [5].
Differenti metodiche sono state messe a punto per determinare la lunghezza telomerica nelle popolazioni cellulari leucocitarie (LTL). Tra queste, la PCR è quella più utilizzata negli ampi trials epidemiologici e l'analisi fornisce il rapporto (T/S) tra l'intensità del segnale nella reazione di amplificazione del telomero rispetto a quella del gene a singola copia (36B4, codificante per una fosfoproteina ribosomiale acida) [6]. Svariate sono le ragioni che hanno spinto a considerare la LTL come un utile biomarker del processo patologico (mortalità per tutte le cause, cancro, mortalità cardiovascolare). La prima è che la LTL è linearmente associata con l'evoluzione di meccanismi biologici come la proliferazione e la senescenza [7]. In secondo luogo, la LTL è associata a molti fattori di rischio classici (età, sesso, stile di vita tra i primi [8, 9]). Differenti trials epidemiologici hanno infatti mostrato una chiara associazione inversa tra LTL e l'età biologica [10], mentre non è ancora chiaro se esista una correlazione significativa e lineare tra l'età e l'accorciamento telomerico nel tempo. Recentemente nello Studio Bruneck, il cambiamento di LTL in 10 anni di follow-up presentava un andamento parabolico in funzione dell'età: l'accorciamento maggiore si osservava soltanto nei soggetti con età compresa tra i 59 e 66 anni [11]. Invece, in abitanti di una penisola della Costa Rica, caratterizzati da estrema longevità, non solo si è osservata una maggiore LTL, ma non è stata trovata nemmeno correlazione tra età e accorciamento a due anni della stessa [12]. La leggera influenza dell'età sul cambiamento di LTL può trovare fondamento sul limite di Hayflick, secondo cui le cellule derivanti da tessuti embrionali possono dividersi tra le 40 e le 60 volte [13]; ed è stato provato sperimentalmente che questo è determinato principalmente dalla LTL iniziale [14]. Il sesso è un altro fattore da considerare; infatti la LTL è maggiore nelle donne [15], almeno in età pre-menopausale, quando gli estrogeni attivano i promotori dei geni codificanti per la telomerasi [16] e favoriscono l'attività riparativa del DNA mediata da p53 [17]. Da ultimo, la LTL è correlata con la LT di diversi tessuti e sistemi (compreso quello cardiovascolare). La LTL è significativamente associata con l'aterosclerosi carotidea [18]; tuttavia, in pazienti con pregressa storia di arteropatia dei tronchi sovraortici e successiva tromboendarteriectomia (Studio olandese Athero Express) si osserva anche un'aumentata lunghezza telomerica delle frazioni leucocitarie all'interno di placche fibro-lipidiche ateromatose [19]. Negli stessi pazienti, una ridotta LTL non era però predittiva di ristenosi dopo un anno dall'intervento chirurgico. Questi risultati, insieme, suggeriscono che il coinvolgimento della LTL potebbe essere più rilevante nelle iniziali fasi dell'evento ateromasico, mentre processi locali prevarrebbero nelle fasi successive.
Accanto a studi di correlazione che rimangono puramente osservazionali, rimane ad oggi poco chiaro se l'associazione telomero-malattia sia causale, se si possa parlare di causalità inversa oppure se vi sia una forte influenza di "fattori ambientali confondenti". Essendo noto che la lunghezza telomerica è un fattore ereditabile [20] e lo è per lo più per via paterna [21], sono stati proposti approcci di Randomizzazione Mendeliana al fine di trovare varianti geniche che determinino sia la lunghezza telomerica sia l'incidenza della malattia [22].
Numerose associazioni causali sono state riscontrate con l'insorgenza di neoplasie; infatti diverse mutazioni sul gene codificante per TERT (componente attivo della telomerasi) sono state associate sia a una ridotta LTL sia a un aumentato rischio di tumore ovarico e mammario [22] e di leucemia linfatica cronica [23]. Lo stesso interesse è stato posto nell'ambito della patologia cardiovascolare. A riguardo citiamo il lavoro recentemente proposto da Codd V. e colleghi [15] condotto dal Consorzio CARDIoGRAM [24]. Lo studio ha coinvolto oltre 37.000 soggetti di discendenza Europea appartenenti a 19 studi. A differenza degli studi di Randomizzazione Mendeliana, è stata condotta un'analisi di Genome Wide Association (GWAS) per identificare i loci genici associati con la LTL, seguita da uno studio di genetic risk score, volto a sommare l'effetto di tutte le varianti predittive per il rischio di coronaropatia ischemica (CAD). Tra gli oltre due milioni di single nucleotide polymporphisms (SNPs) testati, sei si sono dimostrati associati a una ridotta LTL (sui geni TERT, TERC, NAF1, OBFC1, ZNF208, RTEL1). Due ulteriori SNPs (sui geni ACYP2 e MPHOSPH6) sono stati successivamente individuati attraverso un'analisi replicativa, a cui ha preso parte uno studio di popolazione generale italiana (Studio PLIC [25, 26]). Successivamente, con l'obbiettivo di valutare se questi SNPs su questi loci fossero associati anche con CAD, sono stati confrontati circa 22.000 pazienti con pregressa storia di malattia cardio-coronarica con oltre 60.000 controlli. Benchè non vi fosse un effetto individuale di ogni singolo SNPs, l'analisi di gene score ha chiaramente dimostrato un effetto complessivo sul rischio di CAD. Numericamente questo si traduceva in aumento del 21% di CAD per ogni riduzione di una deviazione standard della LTL media.
Il lavoro di Codd V. e colleghi mostra una chiara associazione tra telomero e coronaropatia ischemica. Questo risultato è in accordo con il precedente risultato dello studio WOSCOP [27], dove, dopo aggiustamento per tutti i fattori di rischio cardiovascolari, la LTL basale era associata ad un aumentato rischio del 44% di CAD in cinque anni di follow-up. Il lavoro di Codd e colleghi aggiunge anche il ruolo causale di loci genici sia per la LTL sia per il rischio di CAD. Occorre, tuttavia, ricordare che non tutti i geni individuati nell'analisi GWAS hanno un diretto ruolo biologico sulla funzionalità dell'asse telomero-telomerasi. Se da una parte TERT, TERC, NAF-1 codificano per proteine strutturali dell'enzima della telomerasi, dall'altra ZNF208 codifica per proteine zinc-finger e ACYP2 ha un ruolo indiretto nella differenziazione muscolare. Questo può, in parte, spiegare la debole associazione individuale di alcuni SNPs (che in alcuni casi tende ad avere direzione opposta, quasi ad avere un effetto protettivo su CAD, come lo SNP su OBFC1); dall'altro può spiegare il fatto che, in un'analisi supplementare dello studio, questi SNPs non erano associati a una ridotta attività telomerasica (valutata anch'essa attraverso metodica PCR).
Il lavoro citato fornisce, quindi, loci attraverso i quali studiare l'associazione tra LTL (e accorciamento telomerico) e danno vascolare. Un esempio viene da un più recente studio condotto dal consorzio EARSII (European Atherosclerosis Research Study II), che ha coinvolto circa 1.550 pazienti con pregressa storia di coronaropatia ischemica e altrettanti soggetti controllo [28]. Lo studio ha confermato l'associazione tra uno SNP (rs10786775) sul gene OBFC1 che codifica per una proteina implicata nell'elongazione telomerica [29] e un ridotto rischio di CAD. Lo SNP studiato è localizzato sull'esone 7 del gene OBFC1 e induce una gain of function (Ser248Cys) nella parte C-terminale della proteina. Nello stesso studio è stato osservato che i portatori dell'allele raro, che avevano un ridotto rischio di CAD e una maggiore LTL, presentavano anche un'aumentata espressione genica di OBFC1 a livello dell'avventizia dell'aorta rispetto ai non portatori.
Occorre ricordare che ad oggi sono state osservate soltanto associazioni tra le mutazioni geniche, LTL e la malattia (non solo cardiovascolare) nelle popolazioni generali; inoltre, ad oggi, non è stato ancora dimostrato se la LTL possa essere predittore di malattia in maniera del tutto indipendente da fattori come l'età, il sesso e lo stile di vita (con i quali essa stessa è fortemente correlata) [7]. Nella popolazione generale e in pazienti affetti da cancro, la ridotta LTL predice, ad ogni modo, un maggiore rischio di mortalità per tutte le cause (indipendentemente da quei fattori), ponendosi come utile marcatore successivo alla diagnosi di cancro o di patologie croniche [7, 30]. In questa direzione, la misurazione seriale di LTL a tempi differenti si pone come la prospettiva futura più interessante. È infatti un altro aspetto da studiare se esista una progressione parallela tra l'accorciamento di LTL e la prognosi di patologie croniche (diabete ed eventi cardiovascolari) e sub-acute, come il processo aterosclerotico; Nel caso delle patologie neoplastiche, questo avrebbe il razionale di monitorare la capacità replicativa residua delle cellule staminali nel midollo osseo durante il trattamento intensivo [7].
Da ciò deriva anche l'interessante domanda se sia possibile "modulare" l'attività della telomerasi per allungare la vita cellulare e l'aspettativa di vita del paziente. Un recente studio di Boccardi V. e colleghi ha incluso pazienti trattati con differenti statine a dosaggi tali da garantire una riduzione del 40% di LDL-C (5 mg rosuvastatina, 20 mg simvastatina, 10 mg atorvastatina) rispetto a soggetti dislipidemici non trattati. È stato osservato che i pazienti trattati dimostravano maggiori LTL e attività telomerasica, oltre che un minore accorciamento della LTL nel tempo [31]. Sono ancora oggetto di studio della ricerca di base possibili terapie geniche volte ad aumentare l'espressione (e quindi l'attività) della telomerasi. L'iniezione di virus adeno-associati ricombinanti nel topo adulto (1 anno di età) e anziano (2 anni di età), ha portato ad un immediato aumento dell'espressione di mTERT in diversi tessuti, tra cui il cuore e vasi arteriosi, senza sviluppo di processi cancerosi [32, 33].
Molti risultati portano, pertanto, a considerare l'asse telomerasi-telomero non solo come processo cellulare ma anche come meccanismo associato con lo sviluppo e progressione della patologia. Gli approcci di Randomizzazione Mendeliana e la ricerca di varianti geniche associate con la malattia come quello qui citato permettono di investigare se i telomeri, modulatori di invecchiamento cellulare, possano essere considerati anche una causa di "invecchiamento" cardiovascolare.

 

 

Identification of seven loci affecting mean telomere length and their association with disease
Codd V, Nelson CP, Albrecht E, Mangino M, Deelen J, Buxton JL, Hottenga JJ, Fischer K, Esko T, Surakka I, Broer L, Nyholt DR, Mateo Leach I, Salo P, Hägg S, Matthews MK, Palmen J, Norata GD, O'Reilly PF, Saleheen D, Amin N, Balmforth AJ, Beekman M, de Boer RA, Böhringer S, Braund PS, Burton PR, de Craen AJ, Denniff M, Dong Y, Douroudis K, Dubinina E, Eriksson JG, Garlaschelli K, Guo D, Hartikainen AL, Henders AK, Houwing-Duistermaat JJ, Kananen L, Karssen LC, Kettunen J, Klopp N, Lagou V, van Leeuwen EM, Madden PA, Mägi R, Magnusson PK, Männistö S, McCarthy MI, Medland SE, Mihailov E, Montgomery GW, Oostra BA, Palotie A, Peters A, Pollard H, Pouta A, Prokopenko I, Ripatti S, Salomaa V, Suchiman HE, Valdes AM, Verweij N, Viñuela A, Wang X, Wichmann HE, Widen E, Willemsen G, Wright MJ, Xia K, Xiao X, van Veldhuisen DJ, Catapano AL, Tobin MD, Hall AS, Blakemore AI, van Gilst WH, Zhu H, Consortium C, Erdmann J, Reilly MP, Kathiresan S, Schunkert H, Talmud PJ, Pedersen NL, Perola M, Ouwehand W, Kaprio J, Martin NG, van Duijn CM, Hovatta I, Gieger C, Metspalu A, Boomsma DI, Jarvelin MR, Slagboom PE, Thompson JR, Spector TD, van der Harst P, Samani NJ
Nat Genet 2013;45:422-7, 427e1-25


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32 Bernardes de Jesus B, Vera E, Schneeberger K, Tejera AM, Ayuso E, Bosch F, Blasco MA. Telomerase gene therapy in adult and old mice delays aging and increases longevity without increasing cancer. EMBO Mol Med 2012; 4: 691-704.
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