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Anno 15 • N.3/2024
Domenico Sommariva - Responsabile Editoriale WEB per il sito SISA
Sono stati pubblicati contemporaneamente sul New England Journal of Medicine i primi dati sull'efficacia di alirocumab (1) e evolocumab (2) nella prevenzione cardiovascolare. Per ambedue i farmaci, qualche anticipazione era stata data durante gli ultimi congressi dell'American Heart Association, dell'American College of Cardiology e dell'European Atherosclerosis Society e già da quelle si erano avute le prime evidenze dell'effetto protettivo dell'inibizione di PCSK9 sulle malattie cardiovascolari.
Di PCSK9 si parla ormai da tempo. PCSK9 o, per dirla con il suo nome intero proproteina convertasi subtilisina/kexina tipo 9, è una proteina che interagisce con il recettore LDL favorendone la precoce degradazione e impedendone il riciclo. Sono state individuate mutazioni genetiche che determinano un aumento dell'attività di PCSK9 con conseguente grave ipercolesterolemia familiare e anomalie genetiche con perdita di funzione che al contrario si associano ad un basso valore di LDL e ad un basso rischio cardiovascolare (3). E' stato dimostrato che PCSK9 è probabilmente implicata nell'ipercolesterolemia dopo la menopausa e forse in quella secondaria all'ipotiroidismo ed è stato dimostrato che tende ad aumentare in corso di terapia con statine contrastandone l'effetto dose-risposta. Alcune di queste osservazioni sono state oggetto di commenti in SISANews e SISAUpdate, cui si rimanda per informazioni più dettagliate.
Per il suo ruolo nella rimozione delle LDL, PCSK9 è un bersaglio farmacologico di potenziale utilità per la riduzione del colesterolo. Dall'inibizione di PCSK9 ci si aspetta una maggiore efficienza del meccanismo recettoriale di rimozione dal circolo delle LDL perché il recettore, se non legato a PCSK9, una volta liberato dalla LDL, ritorna alla superficie della cellula, pronto a svolgere ancora il suo ruolo di captazione e rimozione delle LDL circolanti. Le attese sono state pienamente rispettate e gli anticorpi monoclonali anti PCSK9 hanno dimostrato la capacità di ridurre il colesterolo LDL del 60-70% in varie situazioni. Buoni risultati sono stati ottenuti con somministrazioni bisettimanali o mensili a varie dosi e in varie tipologie di pazienti, compresi quelli con ipercolesterolemia familiare eterozigote, i non responsivi o intolleranti alle statine e in coloro non adeguatamente controllati nonostante la terapia ipocolesterolemizzante massimale. Aggiunti a statine ed ezetimibe, gli anticorpi anti PCSK9 hanno dimostrato un effetto additivo con punte di riduzione del colesterolo LDL ben superiori al 70% (4-6). L'effetto ipocolesterolemizzante si mantiene pressoché invariato per tutto il periodo di somministrazione e questo rassicura sulla paventata perdita di efficacia con il passare del tempo (7). Benchè umanizzati, si era infatti temuto che ripetute somministrazioni degli anticorpi potessero sviluppare reazioni immunitarie che nel tempo ne attenuassero l'efficacia. Accanto all'effetto sul colesterolo LDL, gli anticorpi anti PCSK9 hanno dimostrato anche un'inattesa efficacia sulla lipoproteina (a); una riduzione che si attesta intorno ad un -32% con un meccanismo tuttora non chiarito (SISAUpdate 10/07/2014). Qualunque sia il meccanismo, la riduzione della lipoproteina (a) è un fatto positivo che affiancandosi alla drastica azione sul colesterolo LDL dovrebbe aumentarne, almeno in via teorica, il potenziale effetto preventivo nei confronti delle malattie cardiovascolari.
Gli anticorpi non sono l'unica modalità per interferire con la funzione di PCSK9. Sono in fase di studio altri mezzi, come il silenziamento genico con oligonucleotidi antisenso o l'inibizione del processo auto-catalitico che porta alla formazione della proteina matura dal suo precursore. Ma questi sono ancora in una fase di sviluppo preliminare e per il momento la disponibilità per l'uso clinico è limitata agli anticorpi monoclonali. Alirocumab e evolocumab, che sono le due molecole più avanti negli studi, sembrano aver superato l'esame di efficacia non solo nei confronti della colesterolemia, ma anche nei confronti degli eventi cardiovascolari, come dimostrato dai due studi, l'ODYSSEY per alirocumab (1) e l'OSLER 1 e 2 per evolocumab (2), di cui sono stati pubblicati i primi dati clinici.
L'ODYSSEY è uno studio in doppio cieco, randomizzato e controllato, in 2341 pazienti ad alto rischio di eventi cardiovascolari in trattamento con la massima dose tollerata di ipolipidemizzanti, in massima parte statine, e con un livello di colesterolo LDL superiore a 70 mg/dL. A 2/3 dei pazienti, alla terapia di base è stato aggiunto alirocumab 150 mg sottocute ogni 2 settimane, all'altro terzo un placebo, sempre sottocute. Dopo 78 settimane il colesterolo LDL si è assestato in media a 57.9 mg/dL (-52.8%) nei pazienti trattati con alirocumab e a 122.6 mg/dL (+0.2%) nel gruppo di controllo e la lipoproteina (a) si è ridotta del 29% nei pazienti in alirocumab contro un -3.7% in quelli di controllo. Gli eventi cardiovascolari primari (morte cardiaca, infarto miocardico non fatale, ictus cerebrale fatale e non fatale, ospedalizzazione per angina instabile) si sono verificati nel 1.7% dei pazienti in alirocumab e nel 3.3% dei pazienti in placebo. Una differenza di circa il 50%.
L'OSLER 1 e 2 sono due studi in aperto, randomizzati e controllati, condotti in prosecuzione di altri studi di fase 2 e 3. Sono stati considerati congiuntamente perché i due studi originali avevano caratteristiche comuni per quanto riguarda il disegno sperimentale e la tipologia dei pazienti. Nell'OSLER 1, la dose di evolocumab era di 420 mg sottocute una volta al mese e nell'OSLER 2 poteva variare da 140 mg ogni 15 giorni a 420 mg al mese a seconda delle preferenze dei pazienti. Il gruppo di trattamento consisteva in 2976 pazienti con colesterolo LDL >100 mg/dL in assenza di terapia o con colesterolo LDL >75-85 mg/dL in corso di terapia con statine con o senza ezetimibe. I pazienti erano affetti da ipercolesterolemia familiare eterozigote o erano ad alto rischio per insufficiente controllo della colesterolemia da parte della terapia standard o perchè intolleranti alle statine. Altri 1489 pazienti con le stesse caratteristiche fungevano da gruppo di controllo. In ambedue i gruppi, la terapia in atto al momento dell'arruolamento è stata mantenuta invariata. Alla dodicesima settimana il colesterolo LDL è risultato più basso del 61% nel gruppo evolocumab che nel gruppo di controllo in terapia standard. La lipoproteina (a) si è ridotta del 25.5% nei pazienti in evolocumab ed è rimasta invariata nel gruppo di controllo. Le variazioni riscontrate dopo 12 settimane di terapia sono rimaste pressoché costanti per tutta la durata dello studio (48 settimane). Gli eventi cardiovascolari si sono verificati nello 0.95% dei pazienti in evolocumab e nel 2.18% di quelli in terapia standard. Una differenza del 56%.
I due studi hanno dato risultati del tutto sovrapponibili, sia per quanto riguarda l'efficacia sul profilo lipoproteinemico (colesterolo LDL, apoproteina B, colesterolo non-HDL e lipoproteina (a)), sia per l'efficacia nel ridurre l'incidenza di eventi cardiovascolari. Risultati simili anche per quanto riguarda la tollerabilità della terapia. Di eventi avversi ne sono stati segnalati diversi: reazioni allergiche, reazioni al sito di iniezione sottocutanea e mialgie erano le più comuni con un'incidenza che andava dal 10% al 6%. La maggior parte delle reazioni segnalate era considerata lieve e solo nel 7.2% dei pazienti in alirocumab, ma anche nel 5.8% dei pazienti del gruppo di controllo, si era arrivati alla sospensione della terapia. Più rare erano le segnalazioni di aumento del CPK e delle transaminasi, di disordini neurocognitivi e di diabete di nuova insorgenza. In ogni caso, l'incidenza degli effetti indesiderati non era diversa nei pazienti trattati con alirocumab o evolocumab e nei controlli, tanto che è arduo attribuire agli anticorpi la responsabilità degli effetti segnalati. Da segnalare è anche il fatto che non è emersa alcuna relazione tra effetti indesiderati e riduzione del colesterolo LDL e la loro incidenza non è risultata più alta in coloro che avevano raggiunto livelli di colesterolo LDL molto bassi, anche intorno ai 25 mg/dL, rispetto a quelli che avevano avuto una risposta minore.
Gli anticorpi anti PCSK9 sembrerebbero dunque rappresentare un'ulteriore e molto efficace arma, da aggiungere a statine ed ezetimibe, per ridurre il colesterolo e di conseguenza il rischio cardiovascolare. L'esperienza ha però dimostrato che l'entusiasmo è spesso prematuro e che i nuovi farmaci qualche volta si rivelano inferiori alle attese o addirittura mostrano effetti negativi quando utilizzati nella pratica clinica. Basta ricordare, per restare nell'ambito dei lipidi, i primi inibitori della CETP (8) e l'acido nicotinico (9). Dobbiamo attendere i risultati finali degli studi in corso e la prova della pratica clinica quotidiana per trarre giudizi definitivi, anche se quanto già pubblicato induce all'ottimismo. Sicuramente non sono e non saranno farmaci di prima scelta per la terapia dell'ipercolesterolemia. Le indicazioni saranno limitate all'ipercolesterolemia familiare eterozigote, ai pazienti intolleranti alle statine e a coloro che non raggiungono l'obiettivo terapeutico nonostante i comuni ipocolesterolemizzanti alle dosi massime tollerate. Ci sarà poi un altro problema da valutare e che è quello dei costi. Su questo aspetto non ci sono anticipazioni, ma probabilmente saranno piuttosto alti.
Un'ultima considerazione. I risultati preliminari di ODYSSEY (1) e OSLER (2) sembrano dare più peso all'opinione ormai largamente accettata che tanto più si riduce il colesterolo LDL, tanto maggiore è la protezione nei confronti delle malattie cardiovascolari.
Efficacy and safety of alirocumab in reducing lipids and cardiovascular events
Robinson JG, Farnier M, Krempf M, Bergeron J, Luc G, Averna M, Stroes ES, Langslet G, Raal FJ, El Shahawy M, Koren MJ, Lepor ME, Lorenzato C, Pordy R, Chaudhari U, Kastelein JJP
N Engl J Med 2015; 372:1489-14992
Efficacy and Safety of Evolocumab in Reducing Lipids and Cardiovascular Events
Sabatine MS, Giugliano RP, Wiviott SD, Raal FJ, Blom DJ, Robinson J, Ballantyne CM, Somaratne R, Legg J, Wasserman SM, Scott R, Koren MJ, Stein EA
N Engl J Med 2015; 372:1500-15092
Bibliografia
1. Robinson JG et al. Efficacy and safety of alirocumab in reducing lipids and cardiovascular events. N Engl J Med. DOI: 10.1056/NEJMoa1501031.
2. Sabatine MS et al. Efficacy and safety of evolocumab in reducing lipids and cardiovascular events. N Engl J Med. DOI: 10.1056/NEJMoa1500858
3. Kotowski IK, et al. A spectrum of PCSK9 alleles contributes to plasma levels of low-density lipoprotein cholesterol. Am J Hum Genet 2006;78:410-422.
4. Mc Kenney JM et al. Safety and efficacy of a monoclonal antibody to proprotein convertase subtilisin/kexin type 9 serine protease, SAR236553/REGN727, in patients with primary hypercholesterolemia receiving ongoing stable atorvastatin therapy. J Am Coll Cardiol 2012;59:2344-2353
5. Roth EM et al. Atorvastatin with or without an antibody to PCSK9 in primary hypercholesterolemia. N Engl J Med 2012;367:1891-1900
6. Stein EA et al. Effect of a monoclonal antibody to PCSK9, REGN727/SAR236553, to reduce low-density lipoprotein cholesterol in patients with heterozygous familial hypercholesterolaemia on stable statin dose with or without ezetimibe therapy: a phase 2 randomised controlled trial. Lancet 2012;380:29-36
7. Blom DJ et al, Evolocumab in hyperlipidemia. NEJM 2014;371:877-878
8. Barter PJ, et al. Effects of torcetrapib in patients at high risk for coronary events. N Engl J Med 2007;357:2109-2122
9. Lloyd-Jones DM. Niacin and HDL cholesterol - time to face facts. N Engl J Med 2014;371:271-273.
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