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Anno 15 • N.3/2024
Elisabetta Pisu, Medicina Interna, Università di Torino a nome del Gruppo SISA Piemonte-Valle d'Aosta
A partire dalla prima segnalazione nel 2008 di un aumento di incidenza di diabete di tipo 2 in corso di terapia con rosuvastatina nello studio Jupiter (1), diversi studi clinici e meta-analisi hanno confermato questa associazione anche con altre statine (2-4).
L'entità stimata dell'eccesso di rischio varia dal 9% secondo la meta-analisi di Sattar (3) al 10-22% indicato da alcuni studi di popolazione (5-7). La variabilità di queste stime può essere spiegata da una imprecisa rilevazione dei casi incidenti di diabete, spesso derivante dalla misura della sola glicemia a digiuno o dalla semplice segnalazione da parte dei medici.
Non tutte le statine sembrano coinvolte in questo rischio. In particolare, nello studio WOSCOPS (8), l'utilizzo di pravastatina era risultato associato ad una riduzione del rischio di diabete del 30%. Una recente meta-analisi di 5 trials clinici aveva anche segnalato che l'effetto diabetogeno delle statine sembra essere dose-dipendente (9).
Sui meccanismi, che potrebbero essere alla base dell'effetto, esistono molte ipotesi ma ancora pochi dati. Dei due principali meccanismi patogenetici del diabete, nell'uomo risulta indagato solo quello dell'insulino-sensibilità, che è risultata ridotta in corso di terapia con rosuvastatina e simvastatina, e, viceversa, migliorata in corso di terapia con pravastatina, in apparente accordo con i dati relativi al rischio clinico (10).
L'articolo oggetto di questo commento, apparso recentemente su Diabetologia, si riferisce ai risultati dello studio finlandese METSIM (Metabolic Syndrome in Men), studio prospettico di popolazione progettato con il principale obiettivo di identificare i meccanismi che stanno alla base dell'effetto diabetogeno delle statine. Lo studio ha incluso 8.479 soggetti di sesso maschile, non diabetici, di età compresa tra 45 e 73 anni, che sono stati sottoposti ad oGTT e misura della secrezione insulinica per il calcolo degli indici di insulino-sensibilità (ISI, HOMA-IR) e di insulino-secrezione (HOMA-B, DI).
Il trattamento con statine riguardava il 24,5% della coorte (65,9% simvastatina, 18,1% atorvastatina, 8,6% rosuvastatina, 3,8% fluvastatina, 2,3% lovastatina and 1,3% pravastatina).
Nel corso dello studio (5,9 anni) sono stati diagnosticati 625 nuovi casi di diabete, corrispondenti all'11,2% dei soggetti trattati con statine e al 5,8% dei soggetti non trattati. L'eccesso di rischio di diabete legato al trattamento con statine è risultato pari al 46% dopo aggiustamento per i fattori confondenti.
Nel confronto tra le diverse statine, l'eccesso di rischio ha interessato prevalentemente la simvastatina e l'atorvastatina, mentre pravastatina, fluvastatina e lovastatina sono risultate quelle meno diabetogene. Lo studio infine ha confermato nei soggetti in trattamento con simvastatina e atorvastatina che il rischio di diabete è positivamente correlato alla dose del farmaco.
Riguardo ai meccanismi coinvolti, lo studio ha dimostrato che la terapia con statine si associa a una riduzione della secrezione insulinica, ma ancor di più a una riduzione della insulino-sensibilità (-12% e -24% rispettivamente), che il deterioramento di questi indici è dose-dipendente, e che risulta più marcato tra i soggetti che all'inizio dello studio mostravano valori di glicemia a digiuno e di tolleranza al glucosio ancora nei limiti della normalità. Il calcolo dell'indice DI, che esprime l'insulino-secrezione corretta per l'insulino-sensibilità, ha inoltre permesso di dimostrare, nei soggetti in trattamento con simvastatina e atorvastatina, una ridotta capacità di compensare l'insulino-resistenza da parte delle B-cellule.
In sintesi, si tratta di uno studio importante che, nonostante alcuni limiti (coorte di soli maschi, limitata presenza delle statine diverse da simvastatina e atorvastatina, pari solo al 16%) ha dimostrato che, nei soggetti trattati con statine:
1. l'aumento del rischio di diabete, quando diagnosticato con i corretti criteri, è pari al 46%, pertanto superiore a quanto stimato in precedenza;
2. che l'effetto è dose-dipendente e non omogeneo tra le diverse statine: massimo per le statine più utilizzate, simvastatina e atorvastatina, mentre si conferma un ruolo protettivo della pravastatina;
3. che lo sviluppo di diabete nei soggetti trattati con statine (ad eccezione della pravastatina) si associa a un aumento prevalente dell'insulino-resistenza e a un deficit di compenso secretorio B-cellulare.
Inoltre, per la prima volta, questo studio segnala un maggiore rischio tra i soggetti ancora normoglicemici. A spiegazione di questo risultato, sicuramente inatteso, gli AA ipotizzano che nei soggetti iperglicemici il ruolo della glucotossicità, già operante, tenda a prevalere sull'effetto diabetogeno delle statine.
In conclusione, alla luce dei dati della letteratura, il comportamento prescrittivo delle statine non deve variare in presenza di un rischio cardiovascolare medio-alto, dove i benefici clinici delle statine superano nettamente il rischio diabetogeno. Viceversa, una maggiore attenzione dovrebbe essere rivolta, alla luce di questi ultimi dati, all'uso indiscriminato delle statine in prevenzione primaria e in particolare nei soggetti ipercolesterolemici a basso rischio cardiovascolare. Si tratta di un problema da valutare con razionalità, perché, se il beneficio in termini di prevenzione cardiovascolare è incerto (poche evidenze per la scarsa rappresentazione nei trials clinici di questa categoria di soggetti), il rischio diabetogeno può divenire relativamente importante, specie nei soggetti normoglicemici, in presenza di sovrappeso e/o familiarità diabetica. In questi casi dovrebbe essere ritenuta più urgente, rispetto all'avvio di statine, una attenta correzione dei fattori di rischio ambientali del diabete e, quando necessario, la pravastatina dovrebbe essere considerata la molecola di scelta.
Increased risk of diabetes with statin treatment is associated with impaired insulin sensitivity and insulin secretion: a 6 year follow-up study of the METSIM cohort
Cederberg H, Stancáková A, Yaluri N, Modi S, Kuusisto J, Laakso M
Diabetologia 2015;58:1109-11175
Bibliografia:
1. Ridker PM, Danielson E, Fonseca FA, et al. Rosuvastatin to prevent vascular events in men and women with elevated C-reactive protein. N Engl J Med 2008; 359: 2195-207.
2. Rajpathak SN, Kumbhani DJ, Crandall J, et al. Statin therapy and risk of developing type 2 diabetes: a meta-analysis. Diabetes Care 2009; 32: 1924-29.
3. Sattar N, Preiss D, Murray HM, et al. Statins and risk of incident diabetes: a collaborative meta-analysis of randomised statin trials. Lancet 2010; 375: 35-42.
4. Preiss D, Seshasai SRK, Wels P, et al. Risk of incident diabetes with intensive-dose compared with moderate-dose statin therapy. JAMA 2011; 305: 2556-64.
5. Carter AA, Gomes T, Camacho X, Juurlink DN, Shah BR, Mamdani MM. Risk of incident diabetes among patients treated with statins: population based study. BMJ 2013; 346:f2610.
6. Wang KL, Liu CJ, Chao TF et al. Statins, risk of diabetes, and implications on outcomes in the general population. J AmColl Cardiol 2012; 60:1231-1238.
7. Zaharan NL,Williams D, Bennett K. Statins and risk of treated incident diabetes in a primary care population. Br J Clin Pharmacol 2013; 75:1118-1124.
8. Freeman DJ, Norrie J, Sattar N et al. Pravastatin and the development of diabetes mellitus: evidence for a protective treatment effect in theWest of Scotland Coronary Prevention Study. Circulation 2011;103:357-362.
9. Preiss D, Seshasai SR,Welsh P et al. Risk of incident diabetes with intensive-dose compared with moderate-dose statin therapy: a meta-analysis. JAMA 2011; 305:2556-2564.
10. Baker WL, Talati R,White CM, Coleman CI. Differing effect of statins on insulin sensitivity in non-diabetics: a systematic reviewand meta-analysis. Diabetes Res Clin Pract 2010; 87:98-107.
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